FLYCAT THE PIECE (PEACE) MAKER a cura di Francesca Alfano Miglietti FAM ita/eng

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FLYCAT "THE PIECE (PEACE) MAKER" - OPENING NIGHT 01-16-2020 CURATED BY FRANCESCA ALFANO MIGLIETTI










FLYCAT: LE LETTERE E I GIORNI

 

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso di mosche splendenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori, Golfi d'ombra;

 E, candori di vapori e tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle;
I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace di pascoli seminati d'animali, pace di rughe
Che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

O, suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
- O l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi!

Arthur Rimbaud

 

La poesia Le vocali (Voyelles) è stata scritta dal poeta Arthur Rimbaud nel 1872, sotto la probabile influenza delle Corrispondenze di Baudelaire, associando le cinque lettere ad altrettanti colori e scrivendo in una sorta di flusso di coscienza le immagini che scaturiscono naturalmente da tali accostamenti, dai colori e dalla forma delle lettere, è uno dei testi guida per tutte le Avanguardie che hanno introdotto parole e lettere alfabetiche nelle loro opere. Le Vocali nacque in un periodo nel quale il poeta, come scriverà pochi mesi dopo, credeva a tutti gli incantesimi: come in un incantesimo egli accosta qui ogni vocale a un colore, secondo una ricerca sulle sensazioni che ha lunghissima tradizione nella cultura occidentale. Il sonetto è organizzato secondo un processo di associazioni che, partendo dall'immagine visiva (la forma delle vocali), creano un susseguirsi di analogie cromatiche. Il testo va però letto in chiave non realistica, ma fantastica: Rimbaud, partendo  dalle vocali dell'alfabeto e dai colori che esse suggeriscono, si abbandona liberamente alle associazioni immaginative che tale spunto gli ispira. La  A sarebbe simbolo della morte e del suo mistero, la E simbolo dei sogni innocenti e della purezza, la I, rossa come il sangue e le labbra, alluderebbe alla violenza delle passioni che provocano l'ebrezza dei sensi; la U appare collegata a immagini di quiete e tranquillità, la O, con il suo colore blu e la sua forma circolare, è il simbolo della perfezione, dell'infinito, del cielo e dell'universo spirituale. la lettera O, allude alla fine, alla morte. L'alterazione dell'ordine con cui Rimbaud ha collocato le sue vocali (vista la presenta della O alla fine) si spiega nell'ultimo verso. Qui la O viene identificata con la vocale Omega, ultima lettera dell'alfabeto greco: nei Vangeli, essa è attribuita a Cristo, definito principio e fine di tutte le cose. Il poeta dispone parole e concetti secondo una tecnica accumulatoria, dove le immagini acquistano valore e senso per l'impressione che creano. Il sonetto si fonda infatti sull'intreccio delle parole e delle immagini e sull'intensa musicalità dei versi, come rivela soprattutto il testo originale francese.

La parola e le singole lettere sono stati un elemento fondamentale per la sperimentazione dell'avanguardia storica, e la sua presenza ha accompagnato ogni significativo cambiamento delle poetiche artistiche del '900. Dal Futurismo al Dadaismo, dal Surrealismo a Fluxus, alla contemporaneità, la relazione parola/immagine ha dato vita a forme espressive inedite. La scrittura ha attraversato l'arte di tutto il secolo XX, e anche oggi l'ambiguità della sua relazione con l'immagine, è più che mai al centro dell'interesse. Dalle Tavole Parolibere del Futurismo alla ricerca linguistica e poetica del Dadaismo, dalla Poesia Concreta alla Poesia Visiva, dal New Dada alla Pop Art e al Nouveau Réalisme all'Arte Concettuale, l'azione creativa si è appropriata della pratica del linguaggio.

I muri però iniziano a diventare la 'pelle' della città a partire dal loro uso prima come supporto per manifesti pubblicitari e cinematografici e poi come superficie su cui iscrivere segni e sogni. Già alla fine degli anni 60 Mimmo Rotella inizia ad appropriarsi dei manifesti 'stratificati' per farli diventare opere direttamente prelevate dal contesto urbano, ma è nel a partire dagli anni 70 che la Street art trova il suo motivo d'essere in quei segni carichi di parole, lettere, firme, dichiarazioni, ribellioni, che caratterizzano  i muri delle città americane attraverso quella pratica conosciuta come graffiti-writing o semplicemente writing. Quella delle origini di questo movimento è una storia di appropriazione e anonimato ma soprattutto la storia di gruppi di ragazzi che abitano le periferie più difficili. C'è un precedente importante del fenomeno del writing, che ha iniziato ad assumere una precisa valenza sociale e culturale negli anni 30 nelle grandi metropoli americane. Ai tempi della grande depressione, i lustrascarpe avevano bisogno di marcare il “territorio” scrivendo il proprio nome sul marciapiede, per non perdere il posto di lavoro in mezzo a una concorrenza sempre più agguerrita e numerosa. All’epoca però gli spray non c’erano e spesso neanche pennelli o pennarelli e dunque si ricorreva a pennarelli artigianali fatti con il lucido da scarpe.

In particolare, la vicenda si colloca nelle grandi metropoli dell’East Coast, Philadelphia e soprattutto New York, dove le comunità del Bronx e di alcune aree di Brooklyn iniziano a trasferire la propria energia e la propria voglia di esistere, in uno stile di vita che modifica per sempre la musica, i video, l'arte:  nasce nei primi anni Settanta la cultura hip-hop, che con la musica (rap), la danza (break-dance), la moda dei vestiti e il gergo parlato, comprende anche il writing. Già alcuni anni prima alcuni giovani portavano con sé pennarelli per lasciare segni e scrivere la propria firma (tag), in metropolitana e sui muri della città, il più delle volte accompagnata dal numero della strada in cui vivono. “Il muro, si sa, attira la scrittura”, scrive Roland Barthes, e questa singola frase sembra quella ideale per introdurre una delle pratiche primordiali dell’uomo, che, a iniziare dalle millenarie caverne di Lascaux e Altamira sino alla stagione del Muralismo messicano degli anni Venti del Novecento,  ha scelto muri e pareti con diversi significati e molteplici forme, tutte però portatrici del fondamentale bisogno di comunicazione, decorazione, racconto, della storia privata e di quella collettiva.  E' Verso la fine degli anni 60, che negli Stati Uniti, nacquero i primi tag consapevoli, realizzati anche con intenti artistici. Nelle realtà depresse dei ghetti, nelle comunità afroamericane, i giovani creativi che, vivendo ai limiti dell’indigenza, avevano poche speranze di emergere dai bassifondi della società, iniziarono a “firmare” gli autobus e i vagoni di treni e metropolitane con testi e disegni sempre più elaborati, per far sì che almeno qualcosa di loro potesse girare liberamente per la città, farsi conoscere e (magari) apprezzare. Julio 204, Tracy 168 ed Eva 62 a New York, Cornbread a Philadelphia, sono solo alcuni dei primi nomi che iniziano a 'trovare' il proprio spazio tra i manifesti pubblicitari, la segnaletica e altri graffiti che popolano i muri. Tra tutti, colui che riesce per primo ad acquisire risalto mediatico, e quindi a diffondere massicciamente il fenomeno, è Taki 183, a cui il New York Times nel 1971 dedica un articolo. Grazie al suo lavoro di corriere, che giornalmente lo “costringeva” a spostarsi a piedi da un capo all’altro della città, Taki 183 riuscì a scrivere così tanti tag da attirare perfino l’attenzione del New York Times, di fatto producendo inconsapevolmente il primo documento scritto sul writing nonostante lo stesso Demetrius abbia confessato di aver creato la sua firma dopo aver saputo di quella di Bruno 204. L’emergere nei primi anni Settanta di una crisi economica globale, l’occupazione sempre più intensa nell’America di quegli anni di cartelloni pubblicitari e manifesti, per attirare l’attenzione dei passanti negli spazi pubblici; il potenziarsi di dinamiche di tipo razzista e il rafforzamento del ruolo delle gang delle aree più povere e periferiche, la nascita di quartieri anonimi e senza identità, crea una situazione sociale rischiosa e pericolosa, anche se per molti giovani la ribellione, la denuncia, la rivolta, si trasformano in energia creativa e voglia di affermare la propria identità. Da questo humus nasce la Street Art, anche se il movimento è molto complesso e la sigla riunisce al proprio interno molte diversità di stili e di espressioni artistiche  con un linguaggio grafico profondamente diverso e slegato dal movimento culturale e giovanile dell’hip-hop, anche se John Fekner indica come Street Art: ”Tutta l’arte che avviene in strada e che non riguarda i graffiti”.

Quello di Flycat è uno straordinario viaggio fatto di tante strade e tante curve, di incubi e sogni e la sua caratteristica principale è la sua volontà di fare arte direttamente sul territorio, sul centro della periferia, un'arte confusa tra le minoranze disobbedienti, mescolata con il pulsare della città ai margini. Flycat 'appare' sui detriti della realtà e sulle macerie del sociale, nello spazio dell'incolto e dell'affastellamento con una intelligenza poetica e onnivora, consapevole e informata.

 

La sua è una matrice hip-hop estremamente spregiudicata e disinibita nei confronti dello stesso mercato, una forma di 'guerriglia urbana' operata attraverso uno slang personale che confonde i sistemi della comunicazione,  la scelta dell'ibridazione dei linguaggi e delle culture, un esempio di quel caos biologico e strutturale su cui si fonda il contemporaneo. Quella di Flycat è una ricerca sul linguaggio e sulla parola che approda a una calligrafia pittorica totale. La lettera, per Fly, diventa uno degli elementi più concreti e reali della sua esperienza poetica, lettera che, dissociata dal significato concettuale che è chiamata a rappresentare, è prima di tutto un'immagine fisica, fatta di linee e di materia.

E' nel 2010 che Rammellzee, lo nomina suo discepolo e difensore della 25esima lettera dell’alfabeto. Con il grado di Y-1 inizia una nuova fase del lungo e articolato percorso dell’artista milanese.

 

Rammellzee, nome d’arte del writer, artista visivo, teorico, musicista e performer statunitense Stephen Piccirello è probabilmente la più eccentrica e complessa figura proveniente dal mondo del writing. L’intero lavoro di Rammellzee è permeato da relazioni con le sfere della filosofia, della matematica, del mito e della spiritualità. Fa il suo esordio nel 1974 sulla linea A della subway, area del Queens, colpito dalle lettere che corrono su quelle che lui definisce pagine rotanti, ovvero i vagoni della metropolitana. Rammellzee basa tutta la sua ricerca sulla lettera quale unità minima del linguaggio; a questa assegna una profondità spirituale e un’architettura militare, costruendovi attorno una complessa teoria denominata “Panzerismo Iconoclasta” o “Futurismo Gotico”, che determina la transizione dall’era della lettera ornata – iniziata dalla miniatura medievale – a quella della lettera armata.

 

Dopo le esperienze sui muri, nelle metropolitane, sui treni, e in tutti i luoghi in cui Flycat porta la sua rivolta contro il grigiore del reale, si dedica alla scrittura su altri supporti, i suoi segni e le sue lettere si aprono alla cosmologia, esplora la scultura, l’installazione, le lettere tridimensionali, la grafica e la musica producendo tre album, di cui uno a Los Angeles in collaborazione con il gruppo dei Sick Symphonies (Our Sign, 2006).

Nel 2013 Flycat redige il "Manifesto del Futurismo Celeste", in cui dichiara la sua volontà di restituire senso e sacralità al segno grafico della singola lettera soprattutto in riferimento al carattere simbolico delle litterae caelestes, scrittura in uso nei documenti del tardo Impero Romano.

Alcune teorie fanno risalire la nascita degli alfabeti fenicio e greco dalle costellazioni celesti, legando così la grafia del cielo con quella della scrittura (Giuseppe Sermonti, L’alfabeto scende dalle stelle. Sull’origine della scrittura, Milano 2009). In questa visione l’uomo si pone in contatto diretto col cosmo: con i suoi pensieri e parole cerca di unire il suo destino al movimento dei corpi celesti. Dalle stelle alle lettere, dai segni celesti agli alfabeti simbolici, dalla mente cosmica a quella umana. Ma in realtà da oltre un decennio si è intuito che già i dipinti sulle pareti delle grotte preistoriche erano accompagnati da segni, che anticipavano di 25.000 anni le più antiche testimonianze alfabetiche. Gli studiosi hanno riconosciuto una trentina di segni astratti ricorrenti sulle pareti di grotte del Paleolitico superiore (europee, africane, americane, australiane e asiatiche), tracciati “tra le righe” nelle grandiose pitture a soggetto animale e venatorio (Genevieve von Petzinger e April Nowell, Il codice dell’età della pietra. Come non ci eravamo accorti dell’origine della scrittura, in New Scientist, 20 febbraio 2010). Sono molti i casi della storia dell’arte in cui alcuni pittori hanno racchiuso nelle aureole, sui manti o sui troni, caratteri di una lingua sconosciuta, a volte sembrano segni di alfabeti quasi creare un'attesa entro la quale stabilire un contatto con altre forme di realtà. Scritture dell’alterità, l’ignoto, a prescindere dal vero significato degli alfabeti, segni misteriosi che alludono a una lingua di origini celesti. Gli artisti così rendono visibile una possibilità di mistero, una lingua utilizzata dagli angeli, un linguaggio segreto.

Divengono sempre più sofisticati i segni di Flycat che ormai scrive le sue lettere mistiche e visionarie su qualsiasi superficie materiale disponibile, come gli antichi Sumeri, gli inventori remoti della scrittura, che incidevano i loro caratteri cuneiformi su tavole, statue e pareti delle architetture. Le lettere di Fly spezzano cosi qualsiasi forma di concatenamento di senso, e il suo linguaggio diviene una sintesi di calligrafia e di pittura, di struttura sillabica e di codice visivo. Il suo è una sorta di alfabeto primordiale che si ricollega a osservazioni astrali, segni astratti di una tradizione ancestrale per tramandare il sapere e messaggi segreti.

Una forma di nominazione risolta in immagini, visioni, suoni e con altre delocazioni, con gli occhi rivolti verso le costellazioni e i movimenti luminosi gli esseri visionari che come Flycat  acuiscono una propensione a tracciare segni tra le stelle, e questi segni li proietta sulle cose del mondo.

Per moltissimi aspetti la figura di Flycat sembra anche il frutto degli scrittori del movimento letterario cyberpunk, che unisce per mezzo della fantascienza il mondo dell'alta tecnologia alla dimensione underground della cultura pop anni '70 e '80 -, che vide nel 1984 la pubblicazione di una delle sue opere più rappresentative, il romanzo "Neuromante" di William Gibson. Nei racconti cyberpunk fanno da orizzonte " Gli irritanti e irreprimibili graffiti di strada, figli di quel classico prodotto industriale che è la bomboletta spray" (cfr. Bruce Sterling, Mirrorshades, pag. 20), e in cui si discute dei legami tra sviluppo tecnologico, artisti e quelle scienze umanistiche che si occupano del linguaggio e dell'evoluzione delle arti, e se in altri momenti questa combinazione avrebbe potuto apparire forzata e artificiosa, proprio perchè tra le scienze e le attività umanistiche c'è sempre stato un abisso, nel corso degli ultimi decenni questo abisso è andato a scomparire e tra la cultura letteraria, il mondo delle arti e della politica, da un lato, e la cultura scientifica, il mondo dell'ingegneria e dell'industria dall'altro, i linguaggi, ibridandosi hanno dato vita a forme letterarie ed artistiche radicali e 'impure'.

Come ha scritto Bruce Chatwin:  La vera casa dell'uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi.”, e Flycat è sulla strada che incontra i segni che trasformerà in visioni.

Francesca Alfano Miglietti

 

 

 

FLYCAT: LETTERS AND DAYS

by Francesca Alfano Miglietti

 

 

A Black, E white, I red, U green, O blue : vowels,

I shall tell, one day, of your mysterious origins:

A, black velvety jacket of brilliant flies

Which buzz around cruel smells,

 

Gulfs of shadow; E, whiteness of vapours and of tents,

Lances of proud glaciers, white kings, shivers of cow-parsley;

I, purples, spat blood, smile of beautiful lips

In anger or in the raptures of penitence;

 

U, waves, divine shudderings of viridian seas,

The peace of pastures dotted with animals, the peace of the furrows

Which alchemy prints on broad studious foreheads;

 

O, sublime Trumpet full of strange piercing sounds,

Silences crossed by Worlds and by Angels:

O the Omega, the violet ray of Her Eyes!

 

 

The poem The Vowels (Voyelles) was written by the poet Arthur Rimbaud in 1872, under the probable influence of Baudelaire's Correspondences, associating the five letters with as many colors and writing in a sort of flow of consciousness the images that naturally arise from such combinations , from the colors and shape of the letters, is one of the leading texts for all the avant-gardes that have introduced alphabetic words and letters in their works. The Vowels was born in a period in which the poet, as he wrote a few months later, believed in all spells: as in a spell he brings every vowel to a color here, according to a research on sensations that has a very long tradition in Western culture. The sonnet is organized according to a process of associations which, starting from the visual image (the shape of the vowels), create a succession of chromatic analogies. However, the text should be read in an unrealistic but fantastic key: : Rimbaud, starting from the vowels of the alphabet and the colors they suggest, freely indulges in the imaginative associations that inspire him. The A would symbolize death and its mystery, the E symbol of innocent dreams and purity, I, red like blood and lips, would allude to the violence of the passions that cause the intoxication of the senses; the U appears to be linked to images of peace and tranquility, the O, with its blue color and its circular shape, is the symbol of perfection, of infinity, of the sky and of the spiritual universe. the letter O, alludes to the end, to death. The alteration of the order in which Rimbaud placed his vowels (given the presence of O at the end) is explained in the last verse. Here the O is identified with the vowel Omega, the last letter of the Greek alphabet: in the Gospels, it is attributed to Christ, defined principle and end of all things. The poet arranges words and concepts according to an accumulative technique, where images acquire value and meaning for the impression they create. The sonnet is in fact based on the interweaving of words and images and on the intense musicality of the verses, as the original French text reveals above all. The word and the individual letters have been a fundamental element for the experimentation of the historical avant-garde, and its presence has accompanied every significant change in the artistic poetics of the 20th century. From Futurism to Dadaism, from Surrealism to Fluxus, to the contemporary, the word / image relationship has given birth to new expressive forms. Writing has crossed the art of the entire 20th century, and even today the ambiguity of its relationship with the image is more than ever at the center of interest. From the Tribunal Tables of Futurism to the linguistic and poetic research of Dadaism, from Concrete Poetry to Visual Poetry, from New Dada to Pop Art and Nouveau Réalisme to Conceptual Art, creative action has taken over the practice of language. The walls, however, begin to become the 'skin' of the city starting from their first use as a support for advertising and film posters and then as a surface on which to inscribe signs and dreams. Already at the end of the 60s Mimmo Rotella began to take possession of the 'stratified' posters to make them works directly taken from the urban context, but it is in the 70s that Street art finds its reason to be in those signs loaded with words, letters, signatures, declarations, rebellions, which characterize the walls of American cities through the practice known as graffiti-writing or simply writing. That of the origins of this movement is a story of appropriation and anonymity but above all the history of groups of children who live in the most difficult suburbs. There is an important precedent for the phenomenon of writing, which began to take on a precise social and cultural value in the 1930s in the great American cities. At the time of the Great Depression, shoe shiners needed to mark the "territory" by writing their name on the pavement, so as not to lose their jobs in the midst of increasingly fierce and numerous competition. At the time, however, there were no sprays and often no brushes or felt-tip pens and therefore artisanal markers made with shoe polish were used. In particular, the story takes place in the great cities of the East Coast, Philadelphia and above all New York, where the communities of the Bronx and some areas of Brooklyn begin to transfer their energy and their desire to exist, in a lifestyle that changes music, videos and art forever: hip-hop culture is born in the early seventies, which with music (rap), dance (break-dance), clothing fashion and spoken jargon also includes writing. A few years before, some young people brought with them felt-tip pens to leave marks and write their own signature (tag), on the underground and on the walls of the city, most often accompanied by the number of the street in which they live. "The wall attracts writing", writes Roland Barthes, and this single sentence seems the ideal one to introduce one of man's primordial practices, which, starting with the millenary caves of Lascaux and Altamira up to the season of Mexican Muralism from the 1920s, he chose walls and walls with different meanings and multiple forms, all of which, however, bear the fundamental need for communication, decoration, narration, private and collective history. It was towards the end of the 60s, that in the United States, the first conscious tags were born, realized also with artistic intentions. In the depressed realities of the ghettos, in the African American communities, the young creatives who, living at the limits of poverty, had little hope of emerging from the slums of society, began to "sign" buses and train and subway cars with texts and drawings always more elaborate, to ensure that at least something of them could run freely around the city, make themselves known and (perhaps) appreciate. Julio 204, Tracy 168 and Eva 62 in New York, Cornbread in Philadelphia, are just some of the first names that begin to 'find' their own space between advertising posters, signage and other graffiti that populate the walls. Among all, the one who succeeds first in acquiring media coverage, and therefore in massively spreading the phenomenon, is Taki 183, to whom the New York Times in 1971 dedicates an article. Thanks to his courier work, which daily "forced" him to move on foot from one end of the city to the other, Taki 183 managed to write so many tags to attract even the attention of the New York Times, effectively producing the unconscious first document written on the writing despite the same Demetrius has confessed to have created his signature after having known that of Bruno 204. The emergence in the early 1970s of a global economic crisis, the increasingly intense occupation of those years of billboards and posters in America, to attract the attention of passers-by in public spaces; the strengthening of racist dynamics and the strengthening of the role of the gangs in the poorest and most peripheral areas, the emergence of anonymous neighborhoods without identity, creates a risky and dangerous social situation, even if for many young people the rebellion, the denunciation, the revolt, turn into creative energy and desire to affirm one's identity. From this humus the Street Art is born, even if the movement is very complex and the acronym brings together within itself many differences of styles and artistic expressions with a graphic language profoundly different and disconnected from the cultural and youth movement of hip-hop, also if John Fekner points out as Street Art: "All the art that takes place on the street and does not concern graffiti". Flycat’s is an extraordinary journey made of many roads and many curves, nightmares and dreams and its main characteristic is its desire to make art directly on the territory, on the center of the periphery, a confused art among disobedient minorities, mixed with the pulse of the city on the edge. Flycat 'appears' on the debris of reality and on the rubble of the social, in the space of the unseen and of bundling with a poetic and omnivorous intelligence, aware and informed. His is a very unprejudiced and uninhibited hip-hop matrix towards the same market, a form of 'urban guerrilla warfare' operated through a personal slang that confuses communication systems, the choice of the hybridization of languages and cultures, an example of that biological and structural chaos on which the contemporary is founded. Flycat is a research on language and on words that leads to a total pictorial calligraphy. The letter, for Fly, becomes one of the most concrete and real elements of his poetic experience, a letter that, dissociated from the conceptual meaning it is called to represent, is first of all a physical image, made up of lines and matter. It was in 2010 that Rammellzee named him his disciple and defender of the 25th letter of the alphabet. With the rank of Y-1 begins a new phase of the long and articulated journey of the Milanese artist. Rammellzee, Art's name of the writer, visual artist, theorist, musician and performer Stephen Piccirello is probably the most eccentric and complex figure coming from the world of writing. Rammellzee's entire work is permeated by relationships with the spheres of philosophy, mathematics, myth and spirituality. He made his debut in 1974 on line A of the subway, area of ​​Queens, struck by the letters that run on what he calls rotating pages, or the subway cars. Rammellzee bases all his research on the letter as the minimum unit of language; to this it assigns a spiritual depth and a military architecture, building around it a complex theory called "Iconoclastic Panzerism" or "Gothic Futurism", which determines the transition from the era of the ornate letter - begun by the medieval miniature - to that of the armed letter. After experiences on walls, in subways, on trains, and in all the places where Flycat brings his revolt against the greyness of the real, he devotes himself to writing on other media, his signs and his letters open to cosmology, explore sculpture, installation, three-dimensional letters, graphics and music producing three albums, including one in Los Angeles in collaboration with the Sick Symphonies group (Our Sign, 2006).

In 2013 Flycat draws up the "Manifesto of Celestial Futurism", in which he declares his will to restore meaning and sacredness to the graphic sign of the single letter above all in reference to the symbolic character of the litterae caelestes, writing used in documents of the late Roman Empire. Some theories trace the birth of the Phoenician and Greek alphabets from the celestial constellations, thus linking the spelling of the sky with that of writing (Giuseppe Sermonti, The alphabet descends from the stars. On the origin of writing, Milan 2009). In this vision, man places himself in direct contact with the cosmos: with his thoughts and words he tries to unite his destiny with the movement of celestial bodies. From stars to letters, from celestial signs to symbolic alphabets, from the cosmic mind to the human one. But in reality for over a decade it has been realized that already the paintings on the walls of the prehistoric caves were accompanied by signs, which anticipated by 25,000 years the most ancient alphabetic testimonies. Scholars have recognized about thirty recurrent abstract signs on the walls of upper Paleolithic caves (European, African, American, Australian and Asian), traced "between the lines" in the grandiose paintings of animal and hunting subjects (Genevieve von Petzinger and April Nowell , The Stone Age Code, how we had not noticed the origin of writing, in New Scientist, February 20, 2010). There are many cases in the history of art in which some painters have enclosed in the haloes, on the mantles or on the thrones, characters of an unknown language, sometimes they seem signs of alphabets almost to create an expectation within which to establish a contact with other forms of reality. Scriptures of otherness, the unknown, regardless of the true meaning of the alphabets, mysterious signs that allude to a language of celestial origins. The artists thus make visible a possibility of mystery, a language used by angels, a secret language.

The signs of Flycat become increasingly sophisticated, as he now writes his mystical and visionary letters on any available material surface, such as the ancient Sumerians, the remote inventors of writing, who engraved their cuneiform characters on tables, statues and architectural walls. Fly's letters thus break up any form of concatenation of meaning, and his language becomes a synthesis of calligraphy and painting, syllabic structure and visual code. His is a sort of primordial alphabet that is linked to astral observations, abstract signs of an ancestral tradition to pass on knowledge and secret messages. A form of naming resolved in images, visions, sounds and with other delocations, with the eyes turned towards the constellations and luminous movements the visionary beings that like Flycat exacerbate a propensity to trace signs among the stars, and these signs project them on the things of world. For many aspects the figure of Flycat also seems to be the fruit of the writers of the cyberpunk literary movement, which unites the world of high technology with the underground dimension of pop culture in the 70s and 80s by means of science fiction - which saw the publication in 1984 of one of his most representative works, the novel "Neuromante" by William Gibson. In the cyberpunk stories they are the horizon "The irritating and irrepressible street graffiti, children of that classic industrial product that is the spray can" (see Bruce Sterling, Mirrorshades, p. 20), and which discusses the links between technological development , artists and those humanities who deal with the language and evolution of the arts, and if at other times this combination could have appeared forced and artificial, precisely because between the sciences and humanities there has always been an abyss, in the Over the last few decades this abyss has disappeared and between literary culture, the world of arts and politics, on the one hand, and scientific culture, the world of engineering and industry on the other, languages, hybridizing they have given rise to radical and 'impure' literary and artistic forms.

As Bruce Chatwin wrote: "Man's true home is not a home, it is the street. Life itself is a journey to be made on foot. ”, And Flycat is on the road that meets the signs that will turn into visions.

Francesca Alfano Miglietti

 

 Conversazione con FLYCAT di FRANCESCA ALFANO MIGLIETTI


FAM. Che cos'è il sacro per te?
FC. Sacro per me è il ricordo della mia Famiglia, quando ero ancora all’asilo e mia mamma prese la
decisione di rivestire le pareti della nostra anticamera nell’appartamento che abitavamo in Via Padova 2 a
Milano, tutto con della carta da parati in modo che io vi ci potessi disegnare sopra senza alcun divieto; Sacro
è mio papà che lavorava 16 ore al giorno per poterci dare una vita onorevole rinunciando all’amore del suo
figlio più piccolo perchè impossibilitato a passare del tempo con lui e poterlo crescere come invece avrebbe
tanto voluto; Sacro è mio fratello che una sera in cui eravamo già rimasti orfani dei genitori lasciò che io
17enne lo aggredì preso da una rabbia mischiata a dolore urlandogli addosso e incolpandolo di non
comportarsi bene nei miei confronti perchè non abbandonava quella merda di droga. Sacro è stata la mia
Apricot, la mia cagnolina che mi rimase accanto fino a quando non fui in grado di vivere realmente da solo a
23 anni. Sacro è stato il mio amico Andrea “Spyder-7” che mi insegnò a sopravvivere e credere nella mia
arte e mi fornì il desiderio di conoscenza per poter affrontare il mio futuro e mi fece il regalo della sua cosa
più preziosa, l’affetto della sua intera famiglia; Sacro è stato Nicola “Sher” con il quale ho mosso i primi timidi
passi in questo meraviglioso gioco chiamato Hip Hop. Sacro, è DIO che con la sua pazienza ancora mi resta
accanto nonostante le mie mancanze e lo fa attraverso suo figlio. Sacro, lo è il legame indissolubile che mi
tiene legato saldamente a tutto questo senza il quale io non esisterei.
FAM. Che cos'è per te il concetto di periferia?
FC. Questa parola nella mia vita non ha mai avuto particolare rilevanza, mi spiego, il concetto di periferia per
me è tutto sbagliato, la periferia prima di tutto non è quella alla quale tendenzialmente si è portati a pensare,
quella urbana, se esiste una periferia è quella che può crescere dentro ognuno di noi se glielo permettiamo,
la periferia è un limite, come la linea gialla che c’è nelle stazioni della metropolitana, hai presente quando
quella voce all’altoparlante ti avvisa con: non superate la linea gialla? Ecco quella è la periferia, io su quella
stessa linea gialla ho saputo quando dovevo starci dietro, ho saputo muovermi nel modo più giusto quando
l’ho dovuta oltrepassare così da poter dipingere le mie lettere ma ho anche saputo percorrerla, viverla e
condividerne i limiti, ecco questo è il mio concetto di periferia.
FAM. Quando sei stato la prima volta negli Stati Uniti?
FC. Era il Natale del 1991 avevo 21 anni, la prima volta che prendevo un aereo. Avevo organizzato tutto il
viaggio nei dettagli, venne con me un amico con il quale a quei tempi condividevo la passione per il rap.
Questa avventura-spedizione fu il risultato di una serie di conversazioni telefoniche (che con le tariffe SIP di
quei tempi erano veramente pesanti) con Phase 2, con il quale ero riuscito ad entrare a diretto contatto
tramite conoscenze in comune. Atterrammo il 23 dicembre, dopo esserci venuto a prendere al JFK
prendemmo la subway e per me fu come quando un bambino sale per la prima volta sull’ottovolante, scesi
alla stazione della 42esima strada ci accompagnò al Carter Hotel che lui stesso mi aveva consigliato ed
anche riservato per qualità e prezzo, ma soprattutto per l'atmosfera che quella struttura possedeva! Ricordo
ancora la sensazione che provai il mattino seguente, il giorno della Vigilia, quando dalla piccola finestrella
della camera vidi New York completamente ricoperta da un manto di neve fino alla più alta punta dei suoi
grattacieli. Phase ci portò alla Galleria Martinez, dove vi celebrammo anche il nuovo anno sul 'rooftop'
insieme a tutti i suoi artisti originari, era la sede della U.G.A. (United Graffiti Artists) che però fedele alla linea
di Phase 2 proponeva ora la parola Urban Artists, quella era la prima volta che il termine ‘urban’ veniva
associato al writing.
FAM. Come definiresti la cultura hip hop?
FC. La Cultura Hip Hop posso dirti che è stata la mia salvezza, amo paragonarla ad una donna della quale
mi sono innamorato al primo sguardo. Mi ha salvato perchè è riuscita con la sua energia a distogliermi dai
problemi che in quel periodo dovevo affrontare giorno dopo giorno, è stata mio rifugio e mia scuola. Potrà

risultare anacronistico, ma quelli erano anni dove le strade erano invase dal cancro dell’eroina (paradossale
questo nome per un qualcosa che di eroico non possiede nulla), l’aria era irrespirabile per me perchè quel
cancro si era insediato all’interno della mia famiglia colpendone la fragilità. Dove non riuscivo a vedere un
futuro ci pensò il potere dell’arte e della cultura a mostrarmi una nuova strada che avrei percorso nella mia
vita. Ho sempre vissuto questo ‘gioco’ come una favola dove io ero uno dei protagonisti e quindi anche a me
era stato affidato in qualche modo il compito di scrivere con le mie Lettere dei nuovi capitoli di questo codice,
non era ancora diffusa una tradizione scritta si basava tutto sull’oralità delle storie da persona a persona, da
paese a paese così da creare un meraviglioso intreccio composto da verità e miti di adolescenti. E’ grazie
all’Hip Hop che ho trovato una nuova famiglia con la quale crescere e continuare a sognare.
FAM. Quali sono le persone con cui sei entrato in contatto in America?
FC. Si può dire che l’America mi fu presentata da mio fratello Maurizio, di 15 anni più grande; fu come un
papà per me perché nostro padre doveva lavorare quasi tutto il tempo a sua disposizione. Inizia tutto con il
Baseball, prosegue (e continua tutt’ora) con le automobiline Hot Wheels, si conferma con i telefilm come
Happy Days, Starsky & Hutch, CHiPs, si stabilizza con i cartoons di Hanna & Barbera, e prende quota con
Guerre Stellari nel 1977. Questo per spiegarti il mio bagaglio grazie al quale fui condotto tra le braccia della
Cultura Hip Hop. Conobbi A-One durante i primi anni che passavo al muretto (1984/1986) nonostante la mia
età non esitava a parlarmi della sua arte e della musica che amava. Un giorno, che per me è rimasto
memorabile, chiese a me e a Nicola (Sher) di accompagnarlo alla Galleria di Salvatore Ala che all’epoca si
trovava in piazza Umanitaria, proprio alle spalle del Tribunale. Doveva concludere la vendita di una sua
opera che ricordo benissimo raffigurava Mosè circondato dalle sue lettere armate che stringeva le tavole
della Legge. In quell’occasione nella galleria conobbi Nicola Troilo il quale diventò una sorta di guida per me
in quel mondo dell’arte ufficiosa, lavorava a stretto contatto con Ala ed io sovente andavo in galleria
pregandolo di mostrarmi i lavori dei maestri che erano custoditi sul retro in magazzino, sto parlando di opere
di Haring, Cutrone, Bainbridge e naturalmente di A-One ed altri ancora; pensa che moltissimi anni dopo
quando Salvatore tornò a vivere a Milano dopo un lungo periodo vissuto a New York, dove si era sposato ed
aveva avuto un figlio, Nicola mi chiamò per aiutarlo a scaricare il container arrivato dagli Stati Uniti con in
pratica tutta la casa di New York nel suo nuovo spazio in via Mecenate, ore e ore di lavoro ma mi divertii
anche tanto, e indovina un pò, l’ultimo oggetto che trovai in fondo all’enorme container fu una bomboletta
spray nera della marca americana Rust Oleum, a quel tempo equivaleva al Sacro Graal, era il mio destino
che andava compiendosi. Incassato il danaro A-One ci invitò con lui al bar storico in Corso di Porta Vittoria e
ci offrì due bibite. Mentre, lui, celebrava sorseggiando un Negroni e mangiando un sandwich col pesce e
verdure gli caddero dalla tasca delle banconote, io le raccolsi e gliele diedi, lui ne rimase colpito, mi sorrise
e questo mi rese felice e orgoglioso. Poi nel 1988 conobbi colui che diventò il mio più grande amico e
maestro, Andrea “Spyder 7”, è grazie a lui che sono riuscito ad evolvermi sino ad oggi, nonostante se ne sia
andato nel 1993 a causa di un incidente stradale, io so che mi è sempre rimasto accanto e questo è un
qualcosa per cui non esistono alfabeti o meta-linguaggi sufficienti per poterlo spiegare. E così arriviamo con
un salto al 1991 quando entro in contatto con Phase 2, tra noi nacque un vero e proprio rapporto come
quello tra un fratello maggiore ritrovato, a lui devo veramente tantissimo, così tanto che non c’è neanche il
bisogno di elencare il cosa e il come, è semplicemente così e basta, sono sempre stato molto protettivo
verso i miei affetti soprattutto quelli famigliari. Nel 1995 andai a East Los Angeles per seguire una mia
personale ricerca sulle scritte di matrice territoriale rappresentate dal ”cholos writing” e sulla cultura delle
gang sudamericane della città, li scoprì tutto un altro mondo e finalmente “mi sentii come a casa” per la
prima volta dopo lunghissimo tempo. Tante sono le persone con le quali a L.A. si è instaurato un legame
indissolubile, uno su tutti è Chaz Bojorquez il quale mi ha fatto diventare membro a tutti gli effetti della sua
famiglia, questa è l’essenza della mia Arte. Vedi la mia vita nonostante le innegabili perdite che ho subito è
sempre stata così come lo è ora costellata di meravigliose sorprese e di meravigliose persone che hanno
attraversato la mia intera esistenza. Iniziai a scrivere testi rap, ciò mi condusse a produrre il mio primo album
in memoria di Spyder e nel 2006 uscì “Our Sign” l’album prodotto dagli Psycho Realm – Sick Symphonies,
questo come risultato di anni condivisi tra le strade di East L.A., bevute di 40 once di birra, lunghe corse
sulle freeway a bordo di auto scure, chiacchierate con “homies” attorno ad un fuoco da un barile di latta in
una “alley”.

FAM. In cosa l'ambiente milanese ti ha 'formato'. Quali sono stati gli incontri che ti hanno fatto capire qual'era
la tua strada?
FC. Sono nato a Milano, sono al 100% di questa città ma non le appartengo; da piccolo grazie agli esempi di
mio fratello che mi trasferiva, da sempre appassionato per l'immaginario d'oltre oceano, fui sempre stato
proiettato con la mente e i miei sogni molto più in la di dove mi trovavo fisicamente a vivere. E’ altresì
indubbio il fatto che quello che doveva accadere poteva solamente avvenire in questa città e non in un altra
del nostro paese. A Milano ho imparato cosa vuol dire amare ed ho imparato cosa significa voler odiare.
Negli ultimi anni ho traslocato diverse volte pur rimanendo in città, questo mi ha permesso di osservare da
spettatore i suoi diversi scenari mutare. Ho cercato di mantenere dei legami con la mia zona di origine,
piazzale Loreto/Via Padova, ad esempio in zona ho sempre il mio carissimo medico ed anche se devo
attraversare tutta la città per una ricetta lo faccio più che volentieri, ma la cosa strana è che appena sono da
quelle parti e passo davanti al palazzo dove ho abitato con la mia famiglia sino alla fine, ti giuro non riesco a
fermarmici davanti, ci passo ma tiro dritto, non so ma è così. La mia strada non l’ho scelta sono sincero, ci
sono nato, come a tutti mi è stata donata la possibilità di scelta ed io ho fatto la mia: l’Arte; solo così mi sento
in grado di poter restituire anche se solo in minima parte l’amore che la mia famiglia è riuscita a darmi.
FAM. Come sono stati tuoi esordi?
FC. Se intendi nei confronti della Cultura Hip Hop, te ne racconterò uno, era il 1983 e vidi in televisione il
video di Malcolm McLaren: Buffalo Gals, rimasi folgorato, era un puro concentrato di Cultura Hip Hop
all’ennesima potenza, una vera e propria invasione spaziale con dischi volanti atterrati sulla Terra, marziani
con divise luccicanti e armi che sparavano vernice.
FAM. Come definiresti Basquiat?
FC. A-One mi parlò di lui, gli avevo chiesto chi fosse perchè vedevo spesso il suo nome apparire accanto a
quello di Keith Haring, proposto come "graffitista" anche se facevo fatica a comprendere come questo
poteva accadere dato che i suoi lavori erano totalmente distanti da quelli di nomi come Rammellzee o
Phase 2. Mi raccontò della generosità nei suoi confronti e dei suoi amici. C’è un quadro di Basquiat che ha
per titolo: Hollywood Africans del 1983 e dove è scritto il nome di Rammellzee, penso quel quadro
possegga una forza devastante. Di lui ho imparato ad apprezzare l’essenza del segno e gli accostamenti
dei colori, sono un qualcosa di pura magia.
FAM. Quali sono le differenze tra i linguaggi di A-One, Rammellzee e Phase2?
FC. Ti rivelerò ciò di cui ognuno di loro mi ha fatto dono invece: A-One mi ha svelato l’uso del colore,
Rammell mi ha donato l’Infinito, Phase mi diede il suo scudo.
FAM. Come definiresti la tua metodologia?
FC. Non so se esista una vera e propria metodologia, io so per certo che è la voglia di confrontarsi sempre
che è alla base della mia ricerca. Paragono la mia esigenza di fare arte alla necessità di sognare, quando
stai per coricarti sei consapevole che potrai avere dei bei sogni come invece potrebbero rivelarsi degli incubi
ma non per questo resisti dall’addormentarti, ecco per me è lo stesso modo con cui affronto la mia creatività,
non potrò mai essere sicuro del risultato finale ma questo non deve assolutamente fermarmi, tutt’altro deve
essere la spinta decisiva, esprimersi, sperimentare, sognare sono tutti aspetti riconducibili al sentimento che
deve rimanere alla base delle mie azioni ossia l’amore, quello incondizionato, quello che si nasconde dietro il
tracciato di una Lettera, una pura e semplice dichiarazione d’amore. La potenzialità di quest’arte non arte è
proprio in questa sua dualità, da una parte si approccia al mondo con una forza dirompente e
apparentemente violenta ma invece nel suo fulcro esprime tutta la sua vera anima dove i principi come
rispetto e amicizia ne sorreggono le fondamenta.
FAM. Cosa ha voluto dire e cosa vuol dire adesso per te 'scrivere' sui treni o in metropolitana o su un
edificio?

FC. Quando entrò nella mia vita il ‘Writing” lo fece a piè pari, da un lato l’aspetto libero e oltraggioso a suo
modo con il ‘bombing’, ossia dipingere illegalmente sui muri delle metropoli e sulle carrozze della
metropolitana, e dall’altro la necessità di riscatto, sia individuale e sia dell’intero Movimento. E’
semplicemente arrivato in questo modo, non esisteva per me un altro punto di vista, si trattava solo di farsi
coraggio e di dipingere “no matter what...” Non ho mai dipinto una sola volta con intenti diversi da quello che
non fosse di voler creare qualcosa che mi piacesse. All’inizio era mosso da uno spirito di emulazione, di ciò
che percepivo a quei tempi dai testi scritti, molti dei quali fotocopiati con cui ero venuto a contatto e dalle
immagini che scorgevo da qualche telefilm di quegli anni dove apparivano scorci di una New York ancora
per me distante a quei tempi.
FAM. Che cos'è il Manifesto del Futurismo Celeste?
FC. L’ho chiamato Epitoma Fvtvri$mo Cӕle$te perchè rappresenta tutto il mio percorso artistico, ne è il
risultato ma non quello finale, ecco il perchè io non lo chiami manifesto, una volta che si redige un manifesto
poi lo si consacra e rimane così com’è, l’epitoma no, mi affascinava proprio questo fatto, che è un
documento aperto in continua evoluzione e questo si sposava perfettamente con la mia filosofia.
L’ispirazione per il nome mi venne nel 2013 quando stavo leggendo l’ Epitoma rei militaris, l’Arte della
Guerra, scritto da Vegezio, un testo rivelatosi molto importante nei miei studi sull’analogia tra armi e Lettere.
Nell’Epitoma vi è racchiusa la mia esperienza che ho voluto trascrivere per renderla fruibile a chiunque ne
percepirà l’essenza, esporre la mia continua ricerca e confutarla con studi scientifici su diversi campi, dalla
filosofia, all’archeologia passando dalla religiosità e dei propri simboli. Credo che determinante per ciò che
riguarda il mio approccio allo studio delle Lettere venga proprio dalla paleografia, troppo concentrato
sull’aspetto scientifico-archeologico tralasciandone tutti i fattori artistici che determinarono l’evoluzione dei
grafemi e dei loro foni.
FAM. Che significato hanno per te le lettere?
FC. Le Lettere sono una sfida, sono alla base della conoscenza, il vero scriba è colui che ne ha il pieno
controllo, ciò che chiamo “Omnia Directione” dei propri grafemi e del suono da cui si generarono. Scrivere,
dipingere per me non è solamente un gesto fisico che si compie, è qualcosa che necessita una conoscenza
ed una coscienza quindi uno studio continuo; non bisogna scordarsi che prima di imparare a ‘scrivere’
bisogna imparare a leggere. Come narro nell’Epitoma Fvtvri$mo Cӕle$te:
“Il gesto della $crittura è un rito spirituale, mantra universale proiettato sulla quinta dimensione, Il Dvb$ar
Cæle$te è un uomo-medicina della tribù degli uomini. Attraverso le Lettere ci è concesso di creare una
comunicazione diretta con il nostro passato e di poterci proiettare verso il futuro, non esiste oscurità che
possa ingannare lo $criptor nel preciso atto di composizione della sua sentenza. Le Lettere sono il più
prezioso dono che ci è stato fatto dopo la vita proprio perchè ci permette di entrare in dialogo con l'Immagine
stessa”.
FAM. Cosa vuol dire che Rammellzee, ti nomina suo discepolo e difensore della 25esima lettera
dell’alfabeto, con il grado di Y-1?
FC. Il 2009 non fu un anno particolarmente facile per me e questo a livello psicologico mi indebolì
abbastanza, iniziai il 2010 con una nuova determinazione, volevo scrollarmi definitivamente da dosso tutti i
pesi accumulati durante l’anno precedente e riprendere così il pieno controllo di me stesso, quindi
concentrarmi come avevo sempre fatto sulla mia arte. Solo una volta molti anni prima entrai in contatto
diretto con Rammellzee via e-mail per un progetto, ma poi niente di più, fino a quando per l’appunto un
giorno del nuovo anno sentii il bisogno di scrivere a una persona verso la quale nutrivo una stima
incommensurabile perchè avevo realmente bisogno di confrontarmi con un “entità alta”. Mi lasciai trasportare
dall’istinto e scrissi, dopo pochi minuti mi inviò la sua risposta, il resto è storia...la mia. Il 20 febbraio mi
nominò suo discepolo, o come usava dire Carmela, sua moglie: un suo studente, con il grado di Y1,
difensore della 25esima lettera. Mi rivelò parte dei suoi studi e mi consegnò la regola d’ingaggio per operare
sulla lettera Y.

FAM. Che cos'è per te la scrittura? Quanto lo studio delle scritture ha modificato le tue opere?
FC. Scrivere per me è una Liturgia. Io opero sulla struttura della Lettera, sono uno scriba, un Ikonoklasta e
sono un Fvtvri$ta Cӕle$te.
“Il Fvtvri$mo Cæle$te non riconosce il decreto attuato in seguito al concilio di Nicea del 325 d.C che
sancendo definitivamente la duplice natura divina e umana di Cristo: il Verbo si è incarnato in un uomo, Dio
si fa uomo e si rende visibile in fattezze umane”, stabilì che divenissero figurativamente rappresentabili”.
“Il Fvtvri$mo Cæle$te restituisce conoscenza la dove conoscenza fu esiliata, il Fvtvri$mo Cæle$te scrive le
proprie lettere utilizzandone il valore fonetico originale, predilige il latino, abbandonando definitivamente la
pratica volgare ed il mondo illetterato e manierista. Il Fvtvri$mo Cæle$te non è arte di strada ma è la strada
per l'arte”.
“Il Fvtvri$mo Cæle$te e le Litteræ Cæle$teS in quanto Arte Sacra legata ai precetti dell'Ikonokla$tia, rifiuta e
non riconosce il figurativismo ed ogni tentativo di plagio del ‘reale’ all'interno della propria rappresentazione
$crittoria aniconica”. (passi tratti da Epitoma Fvtvrismo Cӕle$te. Nda)
Ogni giorno non appena sveglio prego e lo faccio nel modo che più mi è naturale, realizzando un disegno o
semplicemente tracciando delle sagome colorate su di un foglio bianco, oppure a volte scrivo un pensiero,
questo è per me un gesto quotidiano che serve ad iniziare la mia nuova giornata all’insegna dell’Arte e della
Vita, per ricordarmi che tutto quello che accadrà oggi sarà unico e irripetibile e quindi è importante che lo si
apprezzi. Amo leggere così come amo scrivere le mie Lettere, credo sia importante ristabilire il legame che
corre tra la ‘scrittura delle Lettere’ e la letteratura, un ‘pezzo’ eseguito con delle Lettere originali, dotate di
nessi ed elementi atti alla propria stabilità e forza sarà ancora più potente se di quelle Lettere che lo formano
si è coscienti del valore storico e fonologico di cui esse sono composte.

 

 

 Conversation with FLYCAT by FRANCESCA ALFANO MIGLIETTI

What is the sacred for you?

Sacred for me is the memory of my Family, when I was still in kindergarten and my mother made the decision to cover the walls of our anteroom in the apartment that we lived in Via Padova 2 a Milan, all with wallpaper so that I could draw on it without any prohibition; Sacred is my dad who worked 16 hours a day to give us an honorable life giving up the love of his youngest child because he was unable to spend time with him and be able to grow as he would have liked to; Sacred is my brother who one night when we were already orphans of our parents left that I 17 year old attacked him in a rage mixed with pain shouting at him and blaming him for not behaving well towards me because he did not abandon that shit of drug. My Apricot was sacred, my little dog who stayed by my side until I was able to really live alone at 23 years of age. Sacred was my friend Andrea "Spyder-7" who taught me to survive and believe in my art by transferring me the desire for knowledge to be able to face my future and gave me the gift of his most precious thing, the love of everything his family; Sacred was Nicola "Sher" with whom I took the first tentative steps in this wonderful game called Hip Hop. Sacred, it is GOD who with his patience still stands by me despite my shortcomings and does so through his son. Sacred is the indissoluble bond that keeps me firmly tied to all this without which I would not exist.  

What is the concept of the suburbs for you?

This word in my life has never had particular relevance, I mean, the concept of the suburbs for me is all wrong, the suburbs first of all is not the one to which we tend to think, the urban one, if there is one, is the one that can grow inside each of us if we allow it, the suburbs is a limit, I like to compare it to the yellow line that is in the subway stations, you know when that voice on the speaker tells you: don' t cross the yellow line? That's what the suburbs are, I knew when I had to keep up with it, I knew how to move in the right way when I had to cross it so I could paint my letters but I also knew how to go through it, live it and share its limits, this is my concept of the suburbs.

 When were you first in the United States?

It was Christmas 1991 I was 21, the first time I took a plane. I had organized the whole journey in detail, a friend came with me with whom at that time I shared a passion for rap. This expedition-adventure was the result of a series of telephone conversations (which with the prices of that time were really heavy) with Phase 2, with whom I had managed to come into direct contact through common friend. We landed on December 24th, after coming to pick us up at JFK, we took the subway and for me it was like when a child climbs the roller coaster for the first time, we got off at the station on 42nd street and he took us to the Carter Hotel which he himself he had advised and also reserved for quality and price, but above all for the atmosphere that that place possessed! I still remember the feeling I had the following morning, Christmas day, when I saw New York completely covered with a blanket of snow from the small window of the room to the highest point of its skyscrapers. Phase took us to the Martinez Gallery, where we also celebrated the new year on the 'rooftop' together with all its original artists, it was the headquarter of the U.G.A. (United Graffiti Artists) which, however, faithful to the Phase 2 line, now proposed the word Urban Artists (that was the first time that the term "urban" was associated with writing.

 How would you define hip hop culture?

Hip Hop Culture I can tell you that it was my salvation, I love to compare it to a woman I fell in love with at first sight. He saved me because he managed with his energy to distract me from the problems that I had to face day after day, it was my refuge and my school. It may turn out to be anachronistic, but those were years where the streets were invaded by heroin cancer (paradoxical this name for something that has nothing heroic about it), the air was unbearable for me because that cancer had settled inside my family hitting the fragility. Where I could not see a future we thought the power of art and culture to show me a new path that I would travel in my life. I have always lived this 'game' like a fairy tale where I was one of the protagonists and so I too was somehow entrusted with the task of writing new chapters of this code with my Letters, a written tradition was not yet widespread, based everything on the orality of stories from person to person, from country to country so as to create a wonderful plot composed of truths and myths of adolescents. It is thanks to Hip Hop that I found a new family with which to grow and continue to dream.

 What are the people you came into contact with in America?

It can be said that America was introduced to me by my brother Maurizio, 15 years older then me; he was like a dad for me because our father had to work almost all the time he had disposal. It all starts with Baseball , continues (and still continues) with Hot Wheels little cars, confirms itself with TV series like Happy Days, Starsky & Hutch, CHiPs, stabilizes with Hanna & Barbera's cartoons, and take off with Star Wars in 1978.  This to explain to you my wealth of knowledge thanks to which I was led into the arms of the Hip Hop Culture. I met A-One during the first years I spent at the “muretto” (this was the name of the place where we b--boys an d b-girls all met in downtown Milan) in 1984/1986, although I was nothing but a kid, he did not hesitate to talk to me explain to me his art and the music he loved. One day, which for me remained memorable, he asked me and Nicola (Sher) to accompany him to the Gallery of Salvatore Ala, who at the time was in Piazza Umanitaria, right behind the Court. He had to finish the sale of one of his works that I remember very well it depicted Moses surrounded by his armed letters that held the tables of the Law. On that occasion in the gallery I met Nicola Troilo who became a sort of guide for me in that world of the “unofficial” art, he worked closely with Ala and I often went to the gallery asking him to show me the works of the masters that were kept in the warehouse, I'm talking about works by Haring, Cutrone, Bainbridge and of course A-One and others; he thinks that many years later when Salvatore returned to live in Milan after a long period living in New York, where he had married and had a son, Nicola called me to help him unload the container arrived from the United States with practically the whole house of New York in his new space in Via Mecenate, hours and hours of work but I also enjoyed so much, and guess what, the last object I found at the bottom of the huge container was a black spray can of the American brand Rust Oleum, at that time it was equivalent to the Holy Grail, it was my destiny that was being fulfilled. Once he get the money, A-One invited us with him to the historic bar in Corso di Porta Vittoria and offered us two drinks. While he was celebrating while sipping a Negroni and eating a sandwich with fish and vegetables, they fell out of the pocket of the bills, I picked them up and gave them back to him, he was impressed, he smiled at me and this made me happy and proud. Then in 1988 I met the one who became my greatest friend and mentor, Andrea "Spyder 7", it is thanks to him that I managed to evolve until today, although he left us in 1993 because of a car accident, I know which has always remained close to me and this is something for which there are not enough alphabets or meta-languages to be able to explain it. And so we come with a leap to 1991 when I come into contact with Phase 2, a true relationship was born between us, like the one with an older brother found, I really owe him so much, so much so that there is not even the need to list the thing and the how, it is simply so and that's it, I have always been very protective of my affections especially the family ones. In 1995 I went to East Los Angeles to pursue my personal research on the territorial matrix represented by the "cholos writing" and on the culture of the South American gangs in the city, there I discovered  another world and finally "I felt at home" for the first time in a very long time. There are many people with whom L.A. an indissoluble bond has been established, one above all is Chaz Bojorquez who has made me a full member of his family, this is the essence of my art. You see my life despite the undeniable losses that I have suffered has always been as it is now studded with wonderful surprises and wonderful people who have crossed my entire existence. I started writing rap lyrics, this led me to produce my first album in memory of Spyder and in 2006 came out "Our Sign" the album produced by Psycho Realm - Sick Symphonies, this as a result of years shared between the streets of East LA , 40 oz’s, long rides on freeways aboard dark cars, chatting with "homies" around a fire from a barrel in an "alley".

 How has the Milanese environment 'formed' you? What were the meetings that made you understand what your path was?

I was born in Milan, I am 100% of this city but I don't belong to her; As a child, thanks to the examples of my brother, who had always been passionate about the images of the United States that he gave me, I have always been projected with my mind and my dreams much further away than where I lived physically. There is no doubt that what was supposed to happen could only happen in this city and not in another one of our country. In Milan I learned what it means to love and I learned what it means to want to hate. In recent years I have moved several times in various areas of the the city, this allowed me to watch as a viewer its different scenarios mutate. I tried to maintain ties with my area of origin, Milano east side which is piazzale Loreto / Via Padova, for example in the area I always have my dear doctor and even if I have to cross the whole city for a recipe I do it more than willingly, but the strange thing is that as soon as they are in those parts and step in front of the building where I lived with my family until the end, I swear I can not stop in front of it, step but I keep walk straight, I do not know but it is. I have not chosen my path, I am sincere, I was born there, as I was given the possibility of choice and I did mine: Art; only in this way do I feel able to give back even if only minimally the love that my family has managed to give me.  

How were your debuts?

If you mean for the Hip Hop Culture, I'll tell you one, it was 1983 and I saw on tv the Malcolm McLaren's music video: Buffalo Gals, I was struck, was a pure concentration of Hip Hop Culture to the nth degree, a real space invasion with UFOs landed on Earth, Martians with shiny uniforms and weapons firing paint, was decisive for me.

How would you define Basquiat?

A-One told me about him, I asked him who he was because I often saw his name appear next to that of Keith Haring, proposed as a graffiti artist even though I struggled to understand how this could happen since his works were totally distant from those of names like Rammellzee or Phase 2. He told me about his generosity towards him and his friends. There is a painting by Basquiat whose title is: Hollywood Africans of 1983 and where the name of Rammellzee is written, I think that painting possesses a devastating force. I have learned to appreciate the essence of the sign and the color combinations, I am something of pure magic.

What are the differences between the languages of A-One, Rammellzee and Phase 2?

I will reveal to you what each of them gave me as a gift: A-One revealed me the use of color, Rammell gave me the Infinity, Phase gave me his shield.

How would you define your methodology?

I don't know if there is a real methodology, I know for sure that it is the desire to always confront that is at the base of my research. I compare my need to make art to the need to dream, when you are going to bed you are aware that you can have beautiful dreams as instead could be nightmares but you're not resisting falling asleep, this is the same way I face my creativity, I will never be sure of the final result but this absolutely must not stop me, anything else must be the decisive thrust, to express oneself, to experiment, to dream are all aspects that can be traced back to the feeling that must remain the basis of my actions, that is love , the unconditional one, the one hiding behind the tracing of a Letter, a pure and simple declaration of love. The potential of this non-art art is precisely in this duality, on the one hand it approaches the world with a disruptive and apparently violent force but instead in its fulcrum it expresses all its true soul where principles such as respect and friendship support its foundations. 

 What did you mean and what does it mean for you now to 'write' on trains or on the subway or on a building?

When he entered my life, 'Writing' did it straight, on the one hand the free and outrageous aspect in his way with the 'bombing', that is to paint illegally on the walls of the metropolis and on the subway carriages, and on the other the need of redemption, both individual and of the entire Movement. It just came this way, there was no other point of view for me, it was just courage and painting "no matter what ..." I never painted once with other purposes than the one that was not of wanting to create something that I liked.

At the beginning I was motivated by a spirit of emulation, of what I perceived in those days from the written texts, many of which were Xerox copies with which I had come into contact and from the images that I saw from some TV series of those years where the glimpses of a New York appeared but that was still far from me at that time.

 What is the Manifesto of Celestial Futurism?

I called it Epitoma Fvtvri$mo Cӕle$te because it represents my whole artistic path, it is the result but not the final one, that's why I don't call it manifesto,  because once is drawn up then it is consecrated and remains as it is, the epitome no, it was this fact that fascinated me, which is an open document in continuous evolution and this was perfectly in line with my philosophy. The inspiration for the name came to me in 2013 when I was reading the Epitoma rei militaris, the Art of War, written by Vegezio, a text that proved to be very important in my studies on the analogy between weapons and Letters. In the Epitome there is enclosed my experience that I wanted to transcribe to make it accessible to anyone who will perceive its essence, expose my continuous research and refute it with scientific studies on different fields, from philosophy, to archeology passing on to religion and its own symbols. I believe that a decisive factor in my approach to the study of Letters comes from paleography, too focused on the scientific-archaeological aspect, leaving aside all the artistic factors that determined the evolution of graphemes and their tones.

 What do the letters mean to you?

Letters are a challenge, they are the basis of knowledge, the real scriba is the one who has full control of it, what I call "Omnia Directione" of the graphemes and the sound from which they were generated. Writing, painting for me is not just a physical gesture that is accomplished, it is something that requires a knowledge and a conscience therefore a continuous study; we must not forget that before learning to "write" one must learn to read. As I speak in the Epitoma Fvtvri$mo Cӕle$te:

"The gesture of writing is a spiritual rite, universal mantra projected on the fifth dimension, The Dvb$ar Cæle$te is a man-medicine of the tribe of men. Through Letters we are allowed to create a direct communication with our past and to be able to project ourselves into the future, there is no darkness that can deceive the “scriptor” in the precise act of composition of its sentence. The Letters are the most precious gift that was made to us after life because it allows us to enter into dialogue with the Image itself ".

 

What does it mean that Rammellzee names you his disciple and defender of the 25th letter of the alphabet, with the grade of Y-1?

2009 was not a particularly easy year for me, and this at psychological level weakened me enough, I started 2010 with a new determination, I wanted to shake off all the weight accumulated during the previous year and take back the full control of myself , so I've been concentrate as I always did on my art. Only once many years before did I come into direct contact with Rammellzee via e-mail for a project, but then nothing more, until precisely one day in the new year I felt the need to write to a real person who I had an immeasurable estimate because I really needed to confront myself with a "high entity". I got carried away by instinct and started writing, a few minutes later he sent me his answer, the rest is history ... mine. On February 20, he named me his disciple, or as his wife Carmela used to say: one of his students, with the rank of Y1, defender of the 25th letter. He revealed to me some of his studies and gave me the rule of engagement to operate on the letter Y.

 

What is writing for you? How much has the study of scriptures changed your works?

Writing for me is a Liturgy. I work on the structure of the Letter, I am a scribe, an Ikonoklasta and I am a Fvtvri$ta Cӕle$te.

"The Fvtvri$mo Cæle$te does not recognize the decree implemented after the Council of Nicea in 325 AD that definitively sanctioning the dual divine and human nature of Christ: the Word became incarnate in a man, God becomes man and becomes visible in human features ", established that they would be figuratively representable".

"The Fvtvri$mo Cæle$te restores knowledge where knowledge was exiled, the Fvtvri$mo Cæle$te writes its own letters using its original phonetic value, prefers Latin, definitively abandoning vulgar practice and the illiterate and mannerist world. The Fvtvri$mo Cæle$te is not street art but the road to art ".

"The Fvtvri$mo Cæle $ te and the Litteræ Cæle$te$ as sacred art linked to the precepts of Ikonokla$tia, refuses and does not recognize the figurativism and no attempt to plagiarize the" real "in its representation aniconic writing". (passages from Epitoma Fvtvrismo Cӕle$te. A/N)

Every day as soon as I wake up I pray and I do it in the way that is most natural to me, making a drawing or simply drawing colored shapes on a white sheet, or sometimes I write a thought, this is a daily gesture for me to start my new day dedicated to Art and Life, to remind me that all that will happen today will be unique and unrepeatable and therefore it is important to appreciate it. I love reading as much as I love writing my Letters, I think it is important to re-establish the bond that runs between the 'writing of Letters' and literature, a 'piece' executed with original Letters, endowed with connections and elements suitable for one's own stability and strength it will be even more powerful if those Letters that form it are aware of the historical and phonological value of which they are composed.


 







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